Le ricerche ci dicono che spendiamo circa un’ora e mezza ogni giorno rinchiusi nell’abitacolo di un’auto, vincolati al sedile di guida, procedendo ad una velocità media di poco superiore a quella di una bicicletta.
Spesso quello che facciamo è un percorso di routine, costretti dentro un abitacolo ben sigillato, per evitare di essere contaminati dalle emissioni della marea di auto da cui siamo circondati. Con il corpo vincolato e la mente prigioniera del traffico. La domanda sorge quindi spontanea: qual è il piacere di guida che si dovrebbe provare in tale contesto?
Di certo non sono le condizioni per gustare la potenza, l’accelerazione, la velocità, in generale le prestazioni molto enfatizzate nei test e nelle brochure delle Case automobilistiche. Al contrario è una situazione, sempre più evidente, di accumulo di tensioni e frustrazioni da traffico congestionato che nel lungo periodo potrebbe arrivare a generare patologie con sintomi quasi da stress post traumatico.
Cento anni fa ci si muoveva in modalità condivisa con un carretto che ospitava anche una decina di persone, diciamo del peso totale di circa 1.000 kg, trainato da un cavallo, alla velocità di una bicicletta. Oggi invece è usuale vedere una sola persona che si sposta in città con un SUV di circa 1.000 chili kg però da ben oltre 200 CV, ma sempre alla velocità di una bicicletta. E’ evidente che qualcosa non torna. E i costruttori di auto lo sanno molto bene.
Non è però uno scenario che possa essere modificato ”d’emblèe”. Troppe le implicazioni che ogni intervento porta con sé. Ogni cambiamento tecnologico che modifica lo status quo, richiede un’accettazione da parte della gente che avviene solo dopo aver digerito il nuovo scenario. In altre parole richiede un cambio culturale che è possibile creare solo passo passo con una strategia di lungo periodo.
E’ ben noto che negli spostamenti di routine, il poter delegare la guida ad un altro eliminerebbe una buona fetta di stress, ma in generale c’è resistenza a cedere ad un altro il volante. Immaginiamoci di cedere il controllo totale dell’auto ad un robot. Nonostante questo la direzione dello sviluppo tecnologico intrapreso dall’automotive va in questa direzione. La strada è già tracciata. Questione di tempo.
La strategia è assimilabile a quella descritta dalla teoria della “finestra di Overton”. Secondo Mister Overton, qualsiasi idea, anche la più incredibile, per potersi sviluppare nella società ha una finestra di opportunità. In questa finestra l’idea può essere ampiamente discussa e si può apertamente tentare di modificare il contesto in suo favore. L’apparire di questa idea, in quel che potremmo chiamare la “finestra di Overton”, permette il passaggio dallo stadio di “impensabile” a quello di un pubblico dibattito, prima dalla sua adozione da parte della coscienza di massa e diventare normalità.
“Mutatis mutandis” è il percorso che sta facendo l’automotive. Portando a bordo dell’auto un motore elettrico da affiancare a quello endotermico (ibrido) è stato avviato un più ampio dibattito sulla sua completa elettrificazione. Un’iniziativa inizialmente isolata e contrastata da molti costruttori. Una soluzione elettrica a sole batterie posizionate sul pavimento sta aprendo la strada ad una nuova architettura del veicolo con spazi e volumi tutti da reinventare. Il maggiore spazio disponibile cambia subito il comfort a bordo.
Una sensazione che viene amplificata nel momento in cui viene adottata anche la guida autonoma, che libera il conducente dal vincolo e dalla posizione del sedile di guida. Si passa ad uno spazio che può essere aperto alla condivisione sia in ambito lavoro che di puro relax. L’ultima proposta di Mini, il concetto innovativo di spazioMini Vision Urbanaut, va ad esempio proprio in questa direzione.
I costruttori sono al lavoro da tempo sia con proposte per la produzione che in sede di R&D. In questa fase si sono concentrati sul comfort di viaggio del conducente. Nell’alto di gamma le coccole che sono dispensate ai privilegiati che si mettono al volante, passano per le sofisticate soluzioni dei sedili Morphable di Jaguar Land Rover e Multi Contour di Mercedes, mirate a minimizzare lo stress da traffico. Non è però da meno Opel che, per prima nel segmento C, ha introdotto i sedili certificati AGR a regolazione multipla con ventilazione e massaggio e Renault che sulla Talisman monta un sedile con lo schienale che aumenta di spessore per avvicinare le spalle allo sterzo e portare i gomiti a flettersi alla giusta angolazione, non appena si passa dalla modalità di guida comfort a quella sport.
Non mancano poi sul mercato le prime proposte di guida assistita a vari livelli e in qualche caso anche di guida completamente autonoma, dove ne è stata permessa la sperimentazione. Lento pede, si arriva alla scoperta, all’accettazione. Si tratta di un percorso di cambiamento ineluttabile su cui ci siamo già incamminati. Magari anche a nostra insaputa.
Ho letto e acconsento l'informativa sulla privacy
Acconsento al trattamento di cui al punto 2 dell'informativa sulla privacy